mercoledì 28 dicembre 2011






Al Ministro dell’Istruzione Università e Ricerca





Al Presidente del Consiglio dei Ministri





Alle forze politiche e sindacali






Siamo lavoratori e lavoratrici precari della scuola, insegnanti e personale ATA, da anni impegnati nelle lotte in difesa della scuola pubblica, a danno della quale il precedente governo ha operato un pesantissimo piano di tagli e una serie di riforme che hanno determinato un impoverimento generalizzato dell’offerta formativa del nostro sistema di istruzione, dalla scuola dell’infanzia all’università.

La scuola pubblica oggi, a causa di queste miopi politiche scolastiche, dettate da criteri economici, è stata gettata in una condizione di permanente ingestibilità, arginata esclusivamente dall’impegno e dalla dedizione di chi in essa opera. Ecco la situazione di degrado causata dai provvedimenti del governo Berlusconi: diminuzione indiscriminata del tempo scuola, sacrificando la didattica modulare alla primaria e realizzando accorpamenti disciplinari antididattici nella secondaria; smembramenti di classi intermedie e aule sovraffollate a scapito della sicurezza e dell’efficacia degli interventi didattici; riconduzione forzata di tutte le cattedre a 18 ore, con conseguente impossibilità di garantire la continuità didattica e la copertura delle assenze improvvise dei docenti; difficoltà nell’assicurare la sorveglianza nei plessi scolastici e nell’espletare le ordinarie mansioni amministrative a causa della carenza di personale ATA.
La conseguenza più drammatica dei tagli è stata la progressiva estromissione dalla scuola di circa 130.000 unità, tra docenti e ATA. Teniamo a sottolineare che gli insegnanti precari sono stati selezionati attraverso prove concorsuali e la frequenza di Scuole di Specializzazione biennali a numero chiuso e hanno per anni garantito, grazie alla loro professionalità, il funzionamento del nostro sistema di istruzione, accumulando in tal modo un bagaglio di esperienza che non deve essere disperso.
Non possiamo accettare che gli anni di studio, i sacrifici sostenuti e le scelte di vita effettuate anche in termini di perdita di chance lavorative vengano vanificati in ossequio a scelte politiche i cui risultati sono l’impoverimento culturale delle future generazioni e la mortificazione della professionalità dei lavoratori del settore scolastico.




In questi ultimi anni di lotte e mobilitazioni abbiamo ricevuto la dichiarazione di impegno di alcune forze sindacali e politiche di opposizione al governo Berlusconi. A queste forze chiediamo una presa di posizione rispetto alle manovre già presentate.



Al Governo esprimiamo la nostra preoccupazione circa i provvedimenti presi a dispetto dei principi proclamati. Riteniamo che equità non sia finanziare le spese militari e non colpire l'evasione fiscale, ma investire su scuola, università e ricerca. Se l'obiettivo è la crescita, perché la percentuale di PIL destinato all'istruzione e ricerca passerà dal 4,2 % del 2010 al 3,7 entro il 2015, a fronte di una media europea superiore al 6? Se si vuole ridurre la spesa, perché non intervenire sul precariato che costituisce per l'amministrazione pubblica un onere maggiore rispetto al lavoro a tempo indeterminato? Ci si lamenta dell'età elevata dei docenti e si dice di voler valorizzare i giovani: non ci sembra che l'innalzamento dell'età pensionabile e dell'aumento dell'età contributiva favorisca l'ingresso di nuovi insegnanti e che avvicini l'età degli studenti a quella dei docenti.



Chiediamo che finalmente si operi un’inversione di rotta e venga intrapresa una attività di riqualificazione di tutto il nostro sistema di istruzione partendo dalle seguenti priorità:




1) Individuazione di un piano straordinario di finanziamenti alla scuola pubblica statale che risponda esclusivamente alle esigenze didattiche delle scuole e che consenta a tutto il personale e agli studenti di operare in un ambiente funzionale e sicuro.




2) Stabilizzazione in tempi brevi del personale precario della scuola nel rispetto delle norme europee che prevedono la trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato dopo tre anni di servizio. È evidente che la precarietà degli insegnanti è la causa principale dell'assenza della continuità didattica, condizione imprescindibile per la qualità dell'apprendimento.



3) L’inserimento dei neo-abilitati, attraverso i nuovi percorsi abilitanti (TFA) o il possesso dei requisiti di servizio necessari, deve avvenire all’interno delle graduatorie ad esaurimento attualmente vigenti, in modo da rispondere alle legittime aspirazioni delle nuove generazioni di insegnanti senza al contempo creare un doppio canale di reclutamento.




4) Netto rifiuto della proposta recentemente avanzata dal Ministro di bandire un concorso a cattedre, in quanto: l’eventuale numero di posti è irrisorio se paragonato a quello degli aspiranti considerando l’aumento dell’età pensionabile e l’effetto dei tagli e della “riforma” Gelmini; in secondo luogo il concorso, date le attuali condizioni, mette in discussione le abilitazioni variamente conseguite con prove selettive, che devono già di per sé dare accesso all’immissione in ruolo; casi emblematici sono quello degli abilitati SSIS, che hanno sostenuto prove di accesso a numero chiuso e programmato, frequentato corsi biennali con esami in itinere e un esame di stato finale, e quello dei vincitori di concorso che sarebbero sottoposti ad un’ennesima prova concorsuale.




5) Abolizione della norma che riconduce obbligatoriamente tutte le cattedre nella scuola secondaria a 18 ore settimanali e determinazione dell'orario nello scrupoloso rispetto di quanto previsto dal contratto nazionale. Riordino delle classi di concorso nel rispetto delle specificità professionali dei docenti e non come strumento per ricollocare il personale in esubero.




5) Rifiuto di uno strumento di valutazione di insegnanti e scuole come i test INVALSI che, non tenendo conto dell'impoverimento complessivo della scuola prodotto dalle manovre degli ultimi anni, hanno in realtà il fine di mascherare i tagli come finanziamenti a chi è apparentemente meritevole, mentre sono un ulteriore strumento di riduzione delle risorse e metodologicamente restringono la complessità del sapere a veri e propri quiz. Siamo dell’opinione che gli istituti i cui studenti mostrano difficoltà nell’apprendimento non vadano impoveriti, ma al contrario debbano essere sostenuti con risorse economiche ed umane.




6) Rifiuto del piano di dimensionamento delle scuole che, accorpando diversi plessi scolastici, riduce il numero del personale ATA, limita fortemente la presenza dei dirigenti nei diversi istituti, sminuisce il ruolo degli organi collegiali, creando in tal modo una situazione di caos gestionale che inevitabilmente ricade anche su studenti e famiglie.




Invitiamo tutte le componenti della scuola a sostenerne con forza la difesa.




Alle forze politiche e al Ministro ribadiamo che continueremo a rivendicare con la massima determinazione una lotta che riteniamo imprescindibile, consapevoli del fatto che senza l'attuazione di un profondo piano di finanziamento dell'istruzione pubblica statale, non c'è alcuna possibilità di rimediare al degrado in cui versa attualmente la scuola.

Coordinamento precari scuola-Roma 28/12/2011

martedì 6 dicembre 2011

DOCUMENTO ASSEMBLEA PUBBLICA DELLA SCUOLA 1 DICEMBRE

DOCUMENTO ASSEMBLEA PUBBLICA DELLA SCUOLA 1 DICEMBRE

L’assemblea odierna, partendo da una analisi della situazione della scuola e più in generale delle condizioni politiche del paese, ha formulato un piano di rilancio delle lotte a difesa del sistema della formazione in Italia.

Gli interventi che si sono succeduti hanno evidenziato come il nuovo governo presieduto da Monti, nonostante le aspettative che su di esso da più parti si sono levate, partendo dal presupposto della necessità del risanamento del rapporto PIL / debito pubblico si fondi su di un programma che prevede per la scuola un ulteriore impoverimento di risorse finanziarie e umane e l’avviamento a meccanismi di privatizzazione. Questo spiega la convergente denigrazione della professionalità degli insegnanti, di cui per altro viene deprecata l’elevata età media mentre le riforme ne innalzano l’età pensionabile.

Di fronte a tale quadro è necessario anzitutto chiedere e sfidare il governo sul rifinanziamento della scuola pubblica e il ritiro delle misure che l’hanno colpita nelle risorse economiche e nella organizzazione didattica, (riforma delle superiori, riconduzione di tutte le cattedre a 18 ore…). Tale rifinanziamento non può certo avvenire sulla base dei test INVALSI, secondo un modello che, volendo ridurre la complessità del fatto culturale, aspira a mascherare i tagli sotto la veste del premio a chi piega a quel modello la crescita globale degli alunni. L’investimento nella formazione è una via di uscita dalla crisi che non premia chi l’ha prodotta ed è il presupposto imprescindibile della crescita, senza il quale i nuovi sistemi di formazione e reclutamento dei docenti non farebbero che creare altro precariato. Si deve invece ridare qualità alla scuola con un piano di assunzione dei precari, consentendo l’inserimento dei nuovi abilitati nelle graduatorie esistenti, ciascuno con il proprio punteggio e nel rifiuto assoluto di un doppio canale di reclutamento. È questo il piano su cui le lotte dei precari si connettono con quelle degli studenti di oggi, docenti di domani. Anche perché è dimostrato che il precariato è per lo stato un onere maggiore, mentre continua ad esserlo, contro il dettato costituzionale, il finanziamento alle private. Alla scuola pubblica si deve restituire qualità; ai lavoratori, insegnanti e ATA, quanto è stabilito dal CCNL, con una politica salariale che non renda indispensabili gli straordinari e il lavoro in condizioni usuranti; a chi opera come AEC o assistente alla comunicazione la possibilità di essere assunto e non lavorare nel sistema delle esternalizzazioni.

Su tale terreno è necessario che le forze politiche e sindacali, che ora si destreggiano in equilibrismi circa le misure che vengono annunciate, siano costrette, in incontri con i lavoratori, ad esprimere in maniera chiara la loro posizione, tante volte sbandierata negli anni scorsi come sostegno alle lotte dei precari e alla difesa della scuola, ma non confermata dalla fiducia incondizionata per ora data al governo.

A questo proposito una commissione lavorerà alla redazione di un documento che, tenendo conto del lavoro già svolto dalle varie organizzazioni in questo periodo, costituisca la base di una lettera in cui tutti si possano riconoscere. È fondamentale infatti che la risposta data al nuovo ministro sia unitaria e basata sulla più larga convergenza. Essa verrà consegnata in un SIT IN al MIUR dopo il periodo natalizio. Vengono individuati i seguenti punti base:

- rifinanziamento della scuola sulla base del reale fabbisogno;

- piano straordinario di assunzioni;

- no al doppio canale per i nuovi abilitati;

- rifiuto dei test INVALSI come criterio di finanziamenti premio;

- no all’innalzamento dell’età pensionabile.

Si rivolge pertanto un

APPELLO

a tutti i precari e alle organizzazioni che li rappresentano perché partecipino unitariamente alla lotta, sulla base di una piattaforma che contenga i punti emersi nel corso dell’assemblea.

Viene inoltre portato avanti a livello locale, con un incontro prima di Natale, il lavoro già avviato della richiesta di un osservatorio interno al provveditorato di Roma, in cui i precari possano controllare che non avvengano nelle convocazioni quelle irregolarità che sono inscindibilmente connesse ai tagli.

Si accolgono infine l’ iniziativa del 6 dicembre degli studenti universitari e quella del 16 sulla insicurezza nelle scuole.

L’ASSEMBLEA DECIDE DI RICONVOCARSI PER L’APPROVAZIONE DEL DOCUMENTO IL GIORNO 7 DICEMBRE ALLE ORE 15,00